È iniziato il contagio? La domanda è di quelle che nessuno vorrebbe mai farsi, ma la crisi islandese comincia a farsi sentire all'estero. Ne sanno qualcosa i trecentomila correntisti britannici e i 125mila olandesi della IceSave, la banca online della Landesbanki, che hanno visto i loro conti bloccati.
La vicenda è grave, anche se sembra già risolta: l'olandese Ing Direct ha acquistato - insieme ai conti della Kaupthing Edge, del gruppo Kautphing - tutti i depositi della IceSave, tra i quali ci sono quelli di moltissimi comuni britannici, e di otto municipalità di Londra.
La crisi quindi si allarga. Il Governo di Londra ha subito "congelato" le attività di Landesbanki e quelle, collegate, dello Stato islandese in Gran Bretagna e ha annunciato azioni legali, mentre Amsterdam ha chiesto garanzie a Reykjavik.
Il guaio è che il contagio tende a estendersi proprio mentre l'Islanda appare sempre più incapace di gestire la crisi. Il tentativo di istituire un cambio fisso a 131 corone per un euro è fallito: la Sedlabanki non ha riserve valutarie adeguate per sostenerlo. Sul mercato interbancario, quello che la Banca centrale intendeva governare, la moneta islandese ha chiuso a 172 per euro; sul valutario è scivolata a 195 ed è crollata anche a 330 sul circuito Reuters. Semplicemente, non ci sono più, o quasi, compratori di corone.
Un fallimento totale, insomma, gestito malissimo dai banchieri centrali. Martedì hanno annunciato di considerare «come riferimento» non un tasso di cambio di mercato, ma un indice statistico, il cambio effettivo, «corrispondente» a quota 131 per euro. Senza però dare segnali di voler davvero difendere quella quota. Ieri mattina hanno spiegato di aver venduto sei milioni di euro per acquistare 786 milioni di corone, ma pochi operatori se ne sono accorti. Eppure la Sedlabanki continuava a spiegare che «le misure introdotte per creare stabilità» sulla valuta «sono ancora attive». Con un'avvertenza: «Questo non significa che il cambio è stato fissato, ma solo che la Banca centrale considera il tasso di cambio che si è raggiunto è irrealistico».
In serata, la bandiera bianca: «Negli ultimi due giorni - hanno spiegato - la Banca centrale di Islanda ha compiuto operazioni sul valutario a un cambio diverso da quello del mercato. È chiaro che c'è un sostegno insufficiente per questo cambio e quindi la Banca non farà più, per il momento, questo tipo di sforzi».
Il presidente della Sedlabanki, David Oddson, un politico puro con poche conoscenze tecniche, aveva dichiarato martedì sera che «l'Islanda riemergerà più forte dalla crisi». È persino possibile, conoscendo la grande flessibilità e capacità di adattamento dell'isola, ma la credibilità della Banca centrale è, al momento, in frantumi. Ironia della sorte, in serata la corona era trattata intorno quota 131; ma era solo un'illusione ottica: gli unici compratori e venditori erano le banche islandesi.
Il Governo non si sta comportando molto meglio. Non ci sarà infatti la nazionalizzazione della Glitnir, la terza banca del Paese, la cui situazione è «peggiore del previsto»: sarà gestita dall'Autorità di controllo, insieme alla Landesbanki. Solo la Kaupthing sembra resistere, grazie anche all'aiuto della Banca centrale di Stoccolma che ha concesso un prestito alla controllata svedese. I debiti dell'Islanda, però, sono pari a dodici volte il Pil e solo la Russia potrebbe accorrere in aiuto. Cosa accadrà se il Paese dovesse dichiarare fallimento?
riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com
